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Ansia, disagio o risorsa?

L’ansia, in questi casi, da emozione adattiva diventa disfunzionale e controproducente, a volte un disagio importante ed invalidante.

 

In questa sua accezione negativa l’ansia spesso si manifesta con una eccessiva apprensione, preoccupazione, paura, fino ad arrivare a panico. Ed è accompagnata di solito da sintomi somatici quali tachicardia, peso al petto, stomaco contratto o chiuso, palpitazioni, tremori, nausea, respiro affannoso o spezzato.

ansia fisiologica e patologica

Chi non ha mai provato ansia?

 

Se l’ansia è intesa come comune emozione risulta essere un fenomeno del tutto naturale, che il sistema nervoso utilizza per allertarci di fronte ad un pericolo reale, o per attivarci in modo che possiamo affrontare con la giusta concentrazione qualche prova importante.

L’ansia, come tutte le emozioni, ha quindi una valenza adattiva nei confronti della vita, e risulta essere un’importante risorsa.

 

Esiste una precisa relazione tra ansia e rendimento, risultato di ricerche in ambito psicologico, e che viene rappresentata nel grafico in figura. 

 

Se per esempio dobbiamo affrontare una prova o un pericolo, più aumenta l’ansia e meglio si riesce a rendere.

 

Questo principio vale se l’ansia rimane comunque entro un certo limite. Se, infatti, l’ansia cresce troppo il rendimento comincia a calare. L’ansia eccessiva ed esagerata tende a farci rendere al peggio se non addirittura a bloccarci.

Come si fa a capire quando l’ansia da emozione naturale è diventato un problema da affrontare? In genere i criteri fondamentali sono l’intensità, la durata ed il modo in cui si manifesta. Se l’ansia appare, secondo questi tre criteri, del tutto sproporzionata rispetto agli effettivi pericoli a cui l’individuo si trova di fronte, allora con ogni probabilità, è diventato un fenomeno da prendere nella giusta considerazione.

 

Diventa infatti dannoso nascondere a sé stessi che l’ansia esiste, anzi ignorarla è un buon modo per darle forza.

 

L’ansia sproporzionata ed esagerata, è un sintomo, e come tutti i sintomi, nasconde qualcosa d’altro, intende comunicare qualcosa.

 

Se esiste, infatti, significa che esistono automatismi, processi, aspetti psicologici che dentro di noi sono poco equilibrati. Questo disequilibrio crea sofferenza e la sofferenza usa l’ansia per comunicarci che c’è qualcosa che non va. In questo senso, ignorarla non serve a risolvere nulla, anzi, può esserci il rischio che alla lunga l’ansia “faccia la voce grossa”.

 

L’ansia quindi come segnale d’allarme.

Ma quali sono gli aspetti in disequilibrio a cui l’ansia si ribella?

 

Alla base dell’ansia potrebbe esserci una generale tendenza a conformarsi alle aspettative degli altri e del mondo, rinunciando alla propria parte autentica. Si cerca di essere la moglie modello, la madre sempre adeguata, la lavoratrice sempre competente, l’amica sempre disponibile. Si rischia di vivere come vogliono e come si aspettano gli altri, un po’ come muoversi in una cristalleria. In questi casi il rischio è quello di soffocare e reprimere aspetti di sé più o meno conosciuti, legati al nostro essere autentici e al così come siamo. Il rischio può essere quello di rinunciare alle nostre passioni e spazi, facendoci vincolare da ciò che possono pensare gli altri.

In questi casi il panico può essere il segnale che in fondo non vuoi stare dentro le regole che ti sei dato, una ribellione a una vita come ci vogliono gli altri, secondo le aspettative degli altri, un tentativo di rompere le sbarre della gabbia in cui siamo imprigionati.

 

Un’antico proverbio cinese diceva: “Se hai delle forze e non le usi, prima o poi ti si rivolteranno contro”. E allora vediamo che non scopriamo niente di nuovo.

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